L’allevamento famigliare delle pecore
- Gennaio 2, 2021
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Le pecore nell’economia di sussistenza
Nell’economia delle famiglie contadine dell’alta Valcamonica, accanto al bestiame bovino si allevava anche bestiame minuto, soprattutto pecore, giusto 4 o 5, che fornivano lana e carne. Durante l’inverno, rinchiuse nello stalèt, consumavano il foraggio che le mucche rifiutavano e lasciavano nel fondo della mangiatoia e il fieno scadente rimasto nel fienile o la festuca falciata d’estate sulle rocce e le morene.
Il consorzio
Le famiglie poi formavano un consorzio scegliendo un pastore cui affidare le pecore, pagando la mercede in denaro per la sorveglianza. Passava al mattino presto nelle strette vie della contrada soffiando in un corno lucido di rame. Dai vari stalèt le pecore uscivano a frotte e aumentava il ròcc (il gregge) guidato dalle pecore vecchie che si dirigevano sicure alla pastura.

Durante la giornata qualcosa riuscivano a mettere in corpo: foglie secche, fili d’erba cresciuti ai piedi dei tronchi e, dove batte il sole, il primo verde appena spuntato.
La sera, al ritorno il suono del corno richiamava i paesani che sostavano davanti alle stalle aperte; le pecore entravano da sole e non sbagliavano mai.
Fino ad aprile non era difficile trovar erba, poi il gregge non tornava in paese e il pastore le ricoverava nelle stalle a mezza costa.
La cura della lana
Il pastore aveva cura di spargere strame in stalla per tenere pulita la lana per la tosatura cui provvedeva ogni famiglia prima della salita ai pascoli alti estivi.



Tratto da: La vita dei pastori di D.M. Tognali; in: Pastori di Valcamonica Studi, documenti testimonianze su un antico lavoro della montagna, a cura di M. Berruti e G. Maculotti, 2001 Grafo