La lingua transumante

Il progetto

Nel 2020 la Comunità Montana di Valle Camonica ha realizzato il progetto di documentazione intitolato La Lingua transumante – le tracce dell’antico gergo gaì nella pastorizia contemporanea. Un’iniziativa di Comunità Montana di Valle Camonica, B.I.M. di Valle Camonica, Distretto Culturale di Valle Camonica e Distretti Culturali Cariplo; con il contributo di AESS – Archivio di Etnografia e Storia Sociale e Regione Lombardia.

L’obiettivo generale del progetto è quello di verificare cosa resta vivo dell’antica lingua Gaì parlata dai pastori nel fenomeno contemporaneo della pastorizia.

L’obiettivo è stato raggiunto avviando una raccolta sistematica delle testimonianze per la creazione di una sezione digitale dedicata e di una ricerca con documenti sonori, video, fotografici e testuali al fine di garantire la fruibilità di questo patrimonio immateriale, che ad oggi si sta perdendo, anche alle future generazioni.

Durante lo sviluppo del progetto è nata l’idea del Centro MACIL e dei Quaderni del Macil, una raccolta di pubblicazioni dedicate alla pastorizia transumante.

Al progetto La lingua Transumante hanno partecipato: Per la ricerca Giancarlo Maculotti, Giorgio Sabaudo; Per il coordinamento Sergio Cotti Piccinelli; Per l’organizzazione Nicole Fasanini; Per la produzione multimediale foto e video Emanuel Montini e Fabrizio Zanotti. Hanno collaborato l’Associazione Pastori Lombardi, Associazione El Teler; Associazione Coda di Lana.

La Comunità Montana di Valle Camonica, ente capofila di progetto, ha realizzato nel corso degli ultimi anni numerosi progetti di ricerca e documentazione del patrimonio immateriale. Tra i tanti strumenti messi a punto, ha creato anche una piattaforma di raccolta e documentazione del patrimonio culturale immateriale – riti, tradizioni, saperi – della Valle Camonica. Un patrimonio incredibile, messo in rete e reso disponibile al pubblico (Maraeà_archivio della memoria della Valle Camonica).

Il gaì, gergo dei pastori transumanti

La Valle Camonica insieme alle vallate bergamasche rappresenta il cuore dell’allevamento ovino transumante della Lombardia. Quello dei pastori è quindi un piccolo “popolo” in movimento, che attraversa e supera i confini dei territori, e parla – o piuttosto parlava – una lingua tutta sua. Questa lingua è il Gaì e non si tratta di una variazione sul tema dei dialetti prealpini di queste aree, bensì di un “gergo” circoscritto con un suo vocabolario ben preciso, composto per la verità da pochissime parole. Ma indispensabili, efficaci ed essenziali come solo chi conduce la vita dura e senza fronzoli del pastore riesce ad essere: una lingua “di mestiere”, collegata e funzionale a uno stile di vita e a un lavoro ben precisi, quasi un codice ad uso esclusivo della comunità dei pastori.

Pastori sul passo gavia – Foto di Emanuel Montini 2020

Il gaì oggi

Oggi il Gaì è parlato da pochissime persone, nemmeno una trentina, concentrate più che altro nell’area della Valsaviore e alta Valle Camonica: pochi depositari che, più che parlare fluentemente questo idioma, ne conoscono un ristretto numero di lemmi. È a partire da queste premesse che il progetto si sviluppa, con l’obiettivo principale di indagare cosa resta vivo dell’antica lingua Gaì nel contesto della pastorizia contemporanea:

  • composta da pastori che vengono per lo più dall’Europa dell’est (principalmente rumeni e albanesi) o da pastori “ritornanti” (tutta una nuova generazione di giovani laureati che hanno deciso di tornare a vivere e lavorare la terra);
  • schiacciata da vincoli e burocrazia, transumante non più solo a piedi ma anche “su gomma” (con pastori che diventano trasportatori); una pastorizia che non vive più principalmente della vendita della lana (ormai sotto-utilizzata e i cui costi di smaltimento sono elevatissimi), ma sempre più della vendita delle carni dei capi di bestiame (contestualmente al modificarsi delle abitudini e degli stili di vita alimentari – sempre più alla ricerca di prodotti pregiati, autentici e tradizionali – ma anche all’aumento di cittadini di origine islamica sul territorio).

Un incessante e perpetuo processo di trasformazione che ci racconta un mondo molto diverso da quello degli schivi e taciturni pastori del nostro immaginario. La ricerca verte su una raccolta sistematica di testimonianze (documenti audio, video, fotografici e testuali) e su una ricerca puntuale delle attività di indagine e documentazione già svolte sul territorio rivolte in particolare al fenomeno contemporaneo della pastorizia, al fine di garantire la memoria di questo patrimonio immateriale per le future generazioni.

La candidatura UNESCO

Ad avallo dell’importanza del tema va ricordato che l’Italia, insieme a Grecia e Austria, ha candidato la Transumanza nella lista rappresentativa del Patrimonio Immateriale dell’Unesco, con un iter che si concluderà a fine 2019.