I Celeri a Malonno

La famiglia Celeri

La famiglia Celeri o Celerio è la casata che per più di due secoli ha controllato l’economia di Malonno. Il Palazzo Martinengo nasce su impulso della famiglia Celeri, che agli inizi del XVI secolo, sistemarono l’abitazione signorile e circondarono il palazzo di mura.

Provenivano da Lovere dove i loro antenati erano dediti soprattutto alla lavorazione della lana. I Celeri gestivano commerci nel settore tessile anche nel territorio trentino. Forse per questo, un ramo dei Celeri si stabilì a Malonno, come sede intermedia per il commercio laniero verso il Nord Europa. Va tenuto presente anche un motivo prettamente politico. I Celeri erano manifestamente ghibellini e sostenitori dei Visconti, signori di Milano. In alta Valle signoreggiavano i Federici, insediati a Edolo, Sonico ed anche a Malonno e pure loro ghibellini. L’amicizia con i Federici verrà suggellata con il matrimonio, celebrato nel 1584, di Orielda Celeri con Leandro Federici di Sonico. I Celeri presero dimora a Malonno forse anche per usufruire della protezione dei Federici. Motivi economici ed opportunità di alleanze politiche hanno indotto un ramo dei Celeri a fissare la residenza nel nostro paese. 

L’ipotesi più ragionevole fa risalire l’insediamento dei Celeri a Malonno alla fine del 1400 o ai primi decenni del 1500. Infatti i Magnoni, l’importante e benestante famiglia presente a Malonno fin dal 1300, ottenne ancora nel 1493 investiture a Malonno da parte del vescovo di Brescia. 

Il dato certo è rappresentato dalla vicenda di Bartolomeo Celerio, dimorante a Malonno, quando nel 1518 fu arrestato con l’accusa di eresia.

La casata loverese dimorava nel palazzo situato al centro del paese. L’edificio di residenza, con ogni probabilità, fu circondato dai Celeri da mura che includevano anche la torre Malisia (via Cremesia) e su un portale d’ingresso, posto sull’attuale via XXV aprile, spicca la data 1536; nella pinacoteca presente nel palazzo esisteva un ritratto di “Gaspar de Celeris” che potrebbe essere il padre di Bartolomeo. Sono tasselli, non definitivi, che, tuttavia, consolidano l’ipotesi che i Celeri arrivarono a Malonno all’inizio del 1500. La ricerca storica, magari, potrà fugare i dubbi se si troverà altra documentazione.  

Economia della lana e del ferro

Sappiamo che la famiglia Celeri a Lovere era dedita ad un’intensa attività nel settore laniero. Sicuramente il ramo stanziatosi a Malonno in parte continuò l’attività di famiglia: ne è testimonianza la presenza di folli nel paese malonnese ed in particolare l’esistenza di una famiglia, Blam, che esercitava il mestiere del follatore e per questo era soprannominata “Foladur”. 

A Malonno, però, era molto attiva la lavorazione del ferro e probabilmente i Celeri individuarono in tale attività la possibilità di incrementare il loro patrimonio. E contribuirono ad aumentare la produzione del ferro con annessa commercializzazione. Secondo le annotazioni del parroco, scritte verso la fine del 1800, i Celeri realizzarono il forno fusorio e divennero proprietari di diverse miniere a Malonno e a Paisco: gestivano inoltre due mulini a servizio della popolazione che in quegli anni si dedicava anche all’allevamento ed alla coltivazione di cereali che necessitavano di essere trasformati in farina. I Celeri erano proprietari pure di fucine dove il ferro veniva lavorato e trasformato in vari utensili. Insomma una corposa e diversificata attività economica che consentiva ai componenti della famiglia Celeri di arricchirsi e di incidere nelle decisioni della Vicinia dove normalmente erano presenti. 

La crescita economica dei Celeri malonnesi raggiunse un alto livello già verso la fine del 1500. Ne sono testimonianza i numerosi atti notarili redatti dal notaio Giovanni Legena (1540-1619). 

In tali documenti, consultabili presso l’archivio di Stato di Brescia, Leonida Celeri stipula livelli (canoni di affitto per case, prati, campi) in svariate località di Malonno, ma anche a Paisco e Sonico. Procede inoltre ad acquisti e vendite in varie località di terreni, stalle, fienili. Vengono inoltre recuperati crediti da privati con l’incameramento di beni. La famiglia loverese investiva soprattutto nel settore agricolo, nelle abitazioni e negli edifici rurali.

Gli atti notarili assommano a molte decine ed abbracciano il periodo che va dal 1580 al 1588. È la dimostrazione che i Celeri ormai disponevano di un patrimonio consistente accumulato nel corso degli anni principalmente sfruttando la lavorazione del ferro. Scarsi erano i proventi derivanti dal settore laniero, anche perché a Malonno il numero delle pecore allevate non raggiungeva cifre rilevanti. 

Lavorazione del ferro e agricoltura, basata principalmente sulle coltivazioni, costituivano le attività economiche principali praticate dai Celeri a Malonno. Tale situazione non si modificherà fino alla morte di Margherita (1739) l’ultima discendente dei Celeri. Con la sua scomparsa l’intero patrimonio dei Celeri passò in eredità ai Martinengo, grazie al matrimonio di Marcantonio con Margherita. Quando nel 1757 Giulio Cesare Martinengo, amministratore per conto della famiglia bresciana delle proprietà dei Celeri, preparò un preciso inventario dei beni posseduti, apparve con evidenza che il patrimonio era costituito essenzialmente da edifici residenziali e agricoli, da prati, da campi, da boschi ed apparati produttivi come il forno fusorio, i mulini, le fucine.   

Dopo la metà del 1700 gradualmente il patrimonio venne alienato a persone di Malonno o a Società locali.

La più significativa vendita avvenne per il forno fusorio. Nel 1768 Giulio Cesare Martinengo vendette alla Società degli Originari (Vicinia) il forno fusorio con carbonili, scotari, pestaloppo, fondachi ed altre stanze e luoghi vicini. Insomma tutto l’apparato indispensabile per far funzionare il forno fusorio. Nel pacchetto di vendita rientravano anche tutti gli attrezzi necessari per la fusione del ferro e due miniere a Malonno (Castello e Vago) e una a Loveno. Costo complessivo L. 35.000 da onorare con un acconto di L.7000 e con 4 rate annuali, gravate da interessi al 4%.

Non meno importante fu la vendita del palazzo, residenza dei Celeri, avvenuta nel 1806. L’acquirente fu il Comune che a sua volta lo alienò a privati nel 1810.  

Angelo Moreschi